20 feb 2018
Perché dormiamo?
Il sonno è un comportamento proprio degli esseri viventi, un bisogno di base, caratterizzato da uno stato reversibile di ridotta reattività e interazione con l’ambiente, mediato:
– da un processo attivo: l’organismo, attraverso complessi meccanismi neurobiologici, si prepara al sonno notturno già durante le ore di veglia;
– da un processo passivo: l’organismo è dipendente dal bisogno di sonno che sopraggiunge.
Le funzioni principali del sonno, riconosciute dalle moderne neuroscienze, sono la necessità di ristoro, sia fisico che mentale, e la necessità di adattamento, come il letargo per alcune specie animali. Artisti e letterati riconoscono inoltre al sonno la capacità di favorire l’insight riorganizzando i ricordi e promuovendo il problem solving e l’intuizione rapida.
Dormire dunque significa mantenere il cervello sano e funzionante. Ma cosa succede quando qualcosa in questo complesso ingranaggio non funziona al meglio? Si configura la condizione clinica che i Medici definiscono “Insonnia”.
L’insonnia è quella condizione che ci fa rimanere svegli alla sera, risvegliare nel mezzo della notte, destare troppo presto al mattino e che ci impedisce di riprendere a dormire. È quel disturbo che ci fa percepire il sonno come leggero e di scarsa qualità, che durante il giorno ci rende stanchi, nervosi, rallentati, distratti. Esso diventa un problema clinico quando si sperimenta un’oggettiva difficoltà a prendere sonno, o a rimanere addormentati, per tre o più notti per settimana con una conseguente compromissione delle attività giornaliere e tali difficoltà a dormire persistono per più di un mese.
Quanto è prevalente l’insonnia?
Un terzo degli adulti riporta i sintomi dell’insonnia e per circa 1/3 dei quali (il 10 per cento della popolazione) è un problema persistente che influenza negativamente le proprie attività quotidiane. L’insonnia è più comune tra le donne, gli anziani, i turnisti e le persone con disturbi medici e psicologici.
Quali sono le principali cause?
Stress, ansia e depressione sono le più comuni cause dell’insonnia. L’insonnia cronica può, dal suo canto, aumentare il rischio di sviluppare depressione. Tra le altre cause troviamo: disturbi medici che possono inoltre disturbare il sonno con i loro sintomi, per esempio con il dolore; farmaci etici o da banco possono avere l’Insonnia tra i loro effetti collaterali; l’uso eccessivo di caffè, nicotina e alcol. Infine può essere causata da altri disturbi del sonno, come la sindrome delle “gambe senza riposo” che provoca frequenti movimenti degli arti, gambe e braccia, durante il riposo notturno.
Quali trattamenti sono più appropriati?
Dipende dalle cause. Se organiche (e di che tipo) o psicologiche (e di che tipo). Pertanto due sono le principali opzioni messe in campo: le terapie farmacologiche e gli interventi psicologici sul comportamento e sui pensieri. L’uso dei farmaci, può essere particolarmente efficace nelle fasi iniziali per rompere il circolo vizioso dell’insonnia, mentre l’approccio cognitivo-comportamentale è essenziale in un’insonnia che persiste da tempo per individuare quei fattori psicologici e comportamentali che disturbano il sonno.
Le terapie farmacologiche
I farmaci ipnotici sono utili per alleviare i disturbi del sonno dovuti a situazioni stressanti (per esempio ospedalizzazione, separazione), cambiamenti dell’assetto del sonno provocati dal jet lag, e a disturbi del sonno associati a condizioni mediche e psichiatriche. Questi farmaci dovrebbero essere impiegati solo per brevi periodi perché perdono la loro efficacia e danno dipendenza se assunti sistematicamente ogni notte per molto tempo. Alcuni di essi possono produrre effetti residui durante il giorno, come per esempio sonnolenza, e interferire con le attività quotidiane.
I farmaci da banco e supplementi dietetici o fitoterapici, nonostante la loro ampia disponibilità, danno benefici limitati.
Approcci psicologici e comportamentali
Esistono numerose tecniche per correggere comportamenti scorretti e pensieri disfunzionali che possono causare o peggiorare l’insonnia. Questi interventi sono mirati a ridurre la tensione, cambiare abitudini e impostazioni che non favoriscono il sonno, chiarire preconcetti e insegnare strategie che permettono di gestire gli effetti dell’insonnia. Studi clinici hanno dimostrato che il 70-80% trae beneficio da questi approcci. Il loro successo dipende tuttavia da quanto fedelmente si seguono le raccomandazioni del clinico durante il trattamento. A questo riguardo la CBT-I, Terapia breve Cognitivo-Comportamenatle per l’Insonnia, si sta rivelando il trattamento d’elezione per il Disturbo, particolarmente gradito per la sua brevità (soli 8 colloqui tra Valutazione e Trattamento), per la specificità sul sintomo, per l’ efficacia sul medio-lungo periodo e per l’assenza di effetti collaterali.